Qui di seguito alcuni stralci di testi letterari riguardanti l'area industriale della via Ostiense.

... "Tommaso e Irene uscirono dal Garbatella, era già uno scuro che pareva notte altra. Il baretto sulla piazzetta davanti al cinema luccicava come un brillocco, con tutti i suoi tubetti al neon, e la Garbatella intorno era un mucchio di luci sperse nella notte. Le cricche dei giovanotti erano aumentate, e chi a cavalcioni di un motorino si preparava a andare dentro Roma, e chi ci tornava, tutti schiamazzando e facendo il quarantotto. Su per la strada dove stavolta Irene e Tommaso svoltarono, Via Enrico Cravero, era invece tutto quasi buio, con solo le fessure delle finestre e qualche fanale". (...) "Così arrivarono a piazza delle Sette Chiese, con altri due baretti che luccicavano stavolta contro il vuoto dei prati, e in fondo la sagoma immensa dell'ospedale in costruzione e le luci della Cristoforo Colombo ...".

da: P. P. Pasolini, Una vita violenta, Milano, Garzanti, 1959.

... E, sbiadito,
solo ti giunge qualche colpo di incudine
dalle officine di Testaccio, sopito

nel vespro: tra misere tettoie, nudi
mucchi di latta, ferrivecchi, dove
cantando vizioso un garzone già chiude

la sua giornata, mentre intorno spiove. (...)

... Già si accendono i lumi, costellando
Via Zabaglia, Via Franklin, l'intero
Testaccio, disadorno tra il suo grande

lurido monte, i lungoteveri, il nero
fondale, oltre il fiume, che Monteverde
ammassa o sfuma invisibile sul cielo.

Diademi di lumi che si perdono,
smaglianti, e freddi di tristezza
quasi marina... Manca poco alla cena;

brillano i rari autobus del quartiere,
con grappoli d'operai agli sportelli,
e gruppi di militari vanno, senza fretta,

verso il monte che cela in mezzo a sterri
fradici e mucchi secchi d'immondizia
nell'ombra, rintanate zoccolette

che aspettano irose sopra la sporcizia
afrodisiaca: e, non lontano, tra casette
abusive ai margini del monte, o in mezzo

a palazzi, quasi a mondi, dei ragazzi
leggeri come stracci giocano alla brezza
non più fredda, primaverile; ardenti

di sventatezza giovanile la romanesca
loro sera di maggio scuri adolescenti
fischiano pei marciapiedi, nella festa

vespertina; e scrosciano le saracinesche
dei garages di schianto, gioiosamente,
se il buio ha reso serena la sera,

e in mezzo ai platani di Piazza Testaccio
il vento che cade in tremiti di bufera,
è ben dolce, benché radendo i capellacci

e i tufi del Macello, vi si imbeva
di sangue marcio, e per ogni dove
agiti rifiuti e odore di miseria. (...)

da: P. P. Pasolini, Le ceneri di Gramsci, Milano, Garzanti, 1957.

... "Già avevamo passato le ultime case. Salivamo per un viale deserto, tra i cipressi,scendevamo rapidi verso una porta antica, un arco tra muri rossastri; ed ecco, correvamo tra campi di stoppie, nella campagna silenziosa. Una collinetta, una gobba del terreno, coperta di case, appariva in distanza. La strada portava laggiù. Era la Garbatella." (...) "Non c'erano catapecchie, né capanne di legno e di lamiera ondulata, ma invece grossi e alti palazzi pretenziosi; dipinti di giallo, costruiti in quello stile indefinibile che univa un po' di barocco e un po' di "razionale", mescolava colonne e balconi fatti a scatola, finestrelle orizzontali e pinnacoli borrominiani ...".

da: C. Levi, L'Orologio, Torino, Einaudi, 1950.


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