Erano trascorsi solo
pochi giorni dal 20 settembre 1870, quando la Giunta provvisoria di governo
insediata dal Generale Cadorna nominò una commissione tecnica che
si occupasse dei progetti di ampliamento della città. Il 10 novembre
la commissione presentò alla Giunta provvisoria una relazione di
massima dei lavori da eseguire, tra cui anche l'individuazione di un'area
per le attività industriali: " ...volgeva l'attenzione su
quel largo piano che intornia il monte Testaccio ...". Successivamente
una nuova Commissione presentò la propria relazione per la stesura
del piano regolatore, ribadendo ed ampliando quanto già previsto
"Oltre l'attuale stazione delle ferrovie dovrà prevedersi
altra nella località di Testaccio, specialmente, destinata al servizio
merci, intorno la quale verranno a stabilirsi i magazzini generali, i depositi
delle principali derrate e vettovaglie, il Campo Boario, i Pubblici Macelli,
ed ogni altra dipendente costruzione, nonché le industrie affini,
Questo quartiere, opportunamente segregato dal resto della Città
ed in immediato contatto delle vie di terra e di acqua, avrà nondimeno
facili comunicazioni colla parte centrale ...". I lavori delle
Commissioni sfociarono, infine, nel progetto definitivo del piano regolatore,
redatto dall'Ingegnere Alessandro Viviani, che per
quanto riguarda la zona industriale, ribadiva quanto emerso nelle precedenti
relazioni. Il nuovo piano presentato al Consiglio Comunale
il 9 luglio del 1873, fu approvato, dopo pochi mesi
di dibattito, dall'assemblea capitolina ma non fu mai convertito in legge
dello stato.
La preferenza dell'area del monte Testaccio,
posta a sud-ovest rispetto al centro cittadino, può sembrare, a
prima vista, contrastante con la tendenza del momento che privilegiava
l'espansione cittadina verso est. Era una scelta che affondava le sue radici
storiche nella continuità ideale con il mondo romano, poiché
localizzando la nuova zona industriale sulle stesse aree dell'Emporium
e del Porticus Aemilia, avrebbe creato un ulteriore elemento di contrapposizione
ideale della nuova Roma alla vecchia Roma dei Papi. Ma non fu certo questo
il motivo determinante. Sotto l'aspetto morfologico, la grande area pianeggiante
entro le mura aureliane, occupata prevalentemente da vigne e scarsamente
abitata, delimitata ad ovest dal fiume Tevere e da est verso sud dalle
vie Marmorata ed Ostiense, si prestava ottimamente alla realizzazione di
un insediamento industriale. Inoltre c'erano le infrastrutture ereditate
dal vecchio regime pontificio quali il porto di Ripa grande con l'arsenale,
sulla riva destra del fiume, la ferrovia per Civitavecchia ed il ponte
di Ferro girevole. Il Tevere, se ben utilizzato, poteva diventare insieme
alla ferrovia ed alla via Ostiense, una fondamentale via di comunicazione.
Questi elementi coniugati alla vasta area pianeggiante facevano si che
la zona fosse particolarmente adatta allo sviluppo di un polo industriale
cittadino. L'area si presentava inoltre idonea al trasferimento di quelle
attività produttive inserite nel tessuto urbano e che ormai risultavano
sconvenienti da mantenere nei loro siti d'origine. Era il caso dello stabilimento
di mattazione sulla via Flaminia fuori porta del Popolo e delle concerie
del rione Regola, presso il Tevere. La ricollocazione di queste due attività
produttive nasceva da un duplice motivo: il primo è da ricercare
nell'alto valore acquisito da quelle aree per l'edificazione residenziale,
(va ricordato che la febbre edilizia cominciava a manifestarsi e che la
città conosceva una espansione senza precedenti con una crescita
esponenziale del valore dei terreni edificabili); l'altro motivo nasceva
da esigenze igienico-ambientali. In effetti le due attività per
le loro caratteristiche produttive rendevano maleodoranti le zone adiacenti
ed il fiume, recando disagio alla popolazione ed al decoro della capitale.
Testaccio per la sua vicinanza al Tevere ed essendo sotto corrente rispetto
alla città, garantiva che le attività industriali lì
impiantate non avrebbero coinvolto il centro cittadino con il lezzo dei
residui produttivi. A fianco di queste scelte tecniche vanno anche messe
in evidenza delle motivazioni politiche. Infatti nella relazione tecnica
della terza Commissione si parla di "quartiere" opportunamente
segregato dal resto della Città". Il carattere turbolento del
popolo romano, il ricordo dei fatti di Parigi del
1871 consigliavano ai "vari governi succedutisi di non creare una
forte concentrazione industriale, e quindi operaia, a Roma per mantenere
un'atmosfera politicamente 'tranquilla' attorno alla sede del governo e
delle Camere". Quest'ultimo motivo secondo Alberto Caracciolo
fu anche "alimentato da persistenti gelosie municipali e da tendenze
egemoniche della borghesia industriale di alcune regioni lontane da Roma".
Dopo dieci anni dalla stesura del piano regolatore
del 1873, nonostante la felice localizzazione, l'area era ancora inutilizzata.
C'era stato il tentativo da parte di un imprenditore, Picard, di avviare
l'edificazione, ma nonostante la vantaggiosa convenzione stipulata con
il Comune la questione si concluse con un nulla di fatto.
L'8 marzo del 1883 venne convertito in legge
il nuovo piano
regolatore. Anche al suo interno era previsto un articolo sulla realizzazione
di un quartiere industriale, presso il monte Testaccio: "Chi osserva
la topografia di Roma vede sulla sinistra del Tevere una pianura, compresa
fra la via di Marmorata, il fiume e le mura urbane, dal fiume stesso alla
porta S. Paolo, che si protende a sud-ovest della città, dalla estensione
superficiale di oltre 56 ettari, sulla quale si eleva il noto monticello
del Testaccio. L'eccentricità, la bassa giacitura, l'esposizione
meridionale del luogo, hanno sconsigliato chiunque si occupò dell'ampliamento
di Roma, di progettarvi un quartiere per civili abitazioni. Ma d'altra
parte tutti vi hanno ravvisato condizioni speciali e felici, per impiantarvi
con successo un quartiere industriale. Questo quartiere dovrebbe essere
legato con binari di servizio alla prossima ferrovia, e con opportuni scali
al corso navigabile del Tevere. Così per via di terra e di acqua
si renderebbero economici i trasporti delle materie prime, e di quelle
lavorate; (...) La contrada poi è abbastanza vasta per poterne lasciare
una zona all'impianto di magazzini generali, ai depositi di alcune principali
derrate e vettovaglie, e per costruirvi un nuovo mattatoio, (...) siccome
un quartiere di un traffico rilevante non può scompaginarsi, perché
prosperi, dal comodo di prossima dimora e di stabili abitazioni, in ispecie
per la classe laboriosa, così un'altra zona, e la migliore, dovrebbe
essere esclusivamente riservata alla fabbricazione di alberghi e di case
civili ed economiche". Caratteristica di questo articolo del nuovo
piano regolatore è la ricchezza dei particolari descrittivi, che
lo rendono meno vago delle relazioni precedenti, inoltre ponendo l'accento
su "opportuni scali al corso navigabile del Tevere" darà
vita ad una "querelle" che caratterizzerà l'evoluzione
della zona industriale di Roma negli anni a venire.
Nel 1883 la proprietà dei terreni del
Testaccio, dopo una serie di acquisti e convenzioni con l'Amministrazione
municipale, era in mano alla ditta Marotti che iniziò
la vendita frazionata dei lotti a banche e privati. La profonda crisi attraversata
dal settore edilizio in quegli anni impedì la completa realizzazione
delle opere, infatti dopo venticinque anni il quartiere operaio era ancora
incompleto.
Diverso fu invece l'iter per la costruzione
del mattatoio che si risolse in poco tempo. Il progetto fu affidato all'architetto
Gioacchino Ersoch e l'esecuzione alla ditta Marotti,
"il completamento dell'intero complesso fu possibile entro l'anno
1890, con un lieve ritardo rispetto alle previsioni iniziali". La
modernità e l'efficienza delle sue attrezzature fecero del mattatoio
una realizzazione d'avanguardia a livello europeo.
Altra opera che prese corpo fu la creazione
del Quartiere delle Conce situato "Nel triangolo di terreno a destra
di chi esce dalla Porta S.Paolo fra le mura della città, la ferrovia
di Civitavecchia e la via Ostiense". Nel 1895 la zona presentava,
comunque, ancora una marcata vocazione agricola.
Il mancato decollo industriale della zona non
poteva essere scisso dallo sfruttamento economico del Tevere. L'accento
sulla questione fu posto intorno agli anni 1895 - 1896 con una serie di
dibattiti ed iniziative miranti alla creazione di un porto, intorno al
progetto del conte Cozza, basato sullo sfruttamento
del litorale a sud delle foci del Tevere e che trovò il suo humus
nel particolare periodo di depressione economica e di delusione per la
crisa edilizia e il conseguente fallimento di molte imprese. Il progetto
estremamente esoso fu portato avanti da due banchieri, l'inglese Margowski
ed il belga André, che richiesero al governo garanzie e sussidi
finanziari, ma questi visto l'eccessivo onere delll'impresa, dopo il dibattito
sul bilancio dei lavori pubblici lasciò cadere il tutto, spinto
anche dall'emergere di forze contrarie al porto di Roma, ispirate anche
dagli interessi di circoli industriali e commerciali rivali. Le speranze
per un porto di Roma saranno ravvivate da li a pochi anni per opera di
Paolo Orlando, che
farà dell'idea del porto di Roma e della valorizzazione industiale
della capitale, la sua principale attività, che ebbe inizio con
la fondazione del Comitato Pro Roma Marittima (P.R.M.) nel 1903. Gli scopi
del comitato P.R.M. nel suo primo anno di attività furono secondo
Orlando principalmente tre: "il primo e più semplice, quello
di prolungare sino al mare la via Ostiense; l'altro, di esito assai incerto,
di recuperare al demanio l'arenile tra la foce del Tevere e quella del
canale di Fusano; il terzo, di importanza risolutiva, ma lontano a raggiungersi
e per cui tanti pionieri avevano invano sacrificato i loro sforzi, quello
di collegare la città al lido ostiense per mezzo di una ferrovia".
I primi due obiettivi furono facilmente raggiunti: il prolungamento della
via Ostiense fino al mare fu ultimato il 5 maggio 1907 "Risolvetti
la situazione col far considerare dal Ministero dei Lavori Pubblici il
breve prolungamento come strada di bonifica e quindi di competenza dello
stato"; il secondo obiettivo fu raggiunto grazie alla legge n.
502 del 1907. Invece il progetto di collegamento ferroviario, prima della
sua realizzazione, subì varie vicissitudini che saranno argomento
di discussione successiva. A fianco di questi obiettivi iniziali andava
posto il più ambizioso progetto del porto di Roma sul litorale ostiense
che fino al 1918 non ottenne sostanziali consensi e che fu giudicato dal
Capo del Governo Giovanni Giolitti in un quesito
postogli dalla Commissione parlamentare del Bilancio il 27 aprile 1907
"opera non utile, né opportuna".
Se Giolitti era contrario alla costruzione
di un porto sul litorale romano non lo era certo per uno sviluppo della
città verso la costa che si realizzò grazie alla legge n.
502 del 1907 "portante provvedimenti per la città di Roma"
Tale legge avrebbe dovuto principalmente, nell'intenzione del legislatore,
sbloccare il mercato dei terreni in mano agli speculatori e permettere
al contempo la creazione di un demanio comunale espropriando aree per interesse
collettivo ad un prezzo proporzionale al valore dichiarato dai proprietari
ai fini fiscali e di avviare, di conseguenza, la politica di municipalizzazione
dei pubblici servizi. Si trattava di provvedimenti audaci che avrebbero
avuto bisogno per la loro realizzazione di una Giunta Municipale vicina
al capo del governo. Caracciolo evidenzia tale possibilità nei riguardi
del "Blocco popolare" capeggiato da Ernesto
Nathan che risultò vittorioso alle elezioni municipali di Roma
nel novembre 1907".
Questi dunque gli strumenti in mano alla nuova
giunta Nathan, insediatasi alla fine del 1907 ai quali si aggiunsero le
disposizioni della legge n. 116 del 6 aprile 1908, apportante modifiche
ed aggiunte alla legge n. 502 dell'11 luglio 1907, che aumentava la superficie
delle espropriazioni che avrebbero consentito lo sviluppo della città
verso il mare.
Il piano
regolatore del 1908 redatto dall'Ing. Edmondo Sanjust de Teulada,
approvato con Regio Decreto n. 81 del 29 agosto 1909, ribadì la
vocazione industriale di tali aree , comprese in un'ampia zona oltre le
mura delimitata ad est dalla via Appia Antica, fino all'incrocio con la
via Ardeatina, ed ad ovest dal Piano di Pietra Papa, fino al tracciato
della ferrovia Roma - Pisa. Inoltre il redattore del piano indicava le
aree previste dall'art. 2 della legge 116/1908 come le più favorevoli
per ulteriori ampliamenti futuri. Poste queste premesse programmatiche
la giunta Nathan si impegnò nella realizzazione dei vari obiettivi
che determinarono sul territorio sostanziali trasformazioni le quali caratterizzano
ancora oggi il paesaggio urbano.
Nello spirito dell'art. 2 della L. 502/1907
fu il progetto dell'Azienda Elettrica Municipale, fortemente voluta dall'Assessore
ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, e che trovò realtà
solo dopo una lunga mediazione con la Società Anglo Romana (azienda
privata che gestiva la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica
cittadina in regime di monopolio) conclusasi con una convenzione quinquennale
tra Comune e S.A.R. mirante a calmierare i prezzi dell'energia elettrica
ed a suddividere le aree di utenza. Localizzata la sede in via Ostiense
la centrale termoelettrica comunale entrò in funzione il 1°
luglio 1912. Altri progetti portati avanti dalla Giunta comunale furono:
i mercati generali localizzati su una vasta area fuori Porta S.Paolo, ad
est della via Ostiense, a circa 300 m. oltre il cavalcavia ferroviario
la cui realizzazione fu notevolmente dilazionata nel tempo e fu conclusa
solo nel 1922.
Queste opere portarono ad una trasformazione
della viabilità sia stradale che ferroviaria, infatti la costruzione
della nuova stazione Trastevere, ultimata nel 1911, comportò una
risistemazione dei tracciati ferroviari e l'abbandono da parte delle Ferrovie
dello Stato del ponte di S.Paolo. A spese del comune fu realizzato il nuovo
Scalo del bestiame al Testaccio e gli accessi al ponte S.Paolo dalla Ostiense
e la esecuzione dei lavori stradali sulla sede dei binari della Roma -
Pisa, soppressi per effetto del nuovo tracciato. Di concerto con la ristrutturazione
ferroviaria fu allargata la Ostiense a 40 metri dalla Porta alla Basilica
di S.Paolo.
A fianco di queste realizzazioni comunali,
vennero a svilupparsi proprio in quegli anni sull'area Ostiense delle industrie
private, attratte dalla prospettiva di crescita industriale e commerciale
della zona. La "Società colla e concimi" fu la prima ad
insediare i propri stabilimenti sulla riva destra del Tevere, a questa
fece seguito, sempre sulla sponda destra del fiume, la struttura dei "Mulini
e Pastifici Biondi". La "S.A.R." invece
spostò le proprie strutture dal Circo Massimo
a fuori porta S.Paolo nei pressi della Centrale termoelettrica comunale.
Nel 1909 i "magazzini generali" furono costruiti nei pressi del
fiume vicino al nuovo porto fluviale, mentre nell'area adiacente furono
edificate le strutture della "Società ferramenta Cantini"
e della "Società romana formaggio pecorino". Queste aziende
mostrano a tutt'oggi le loro strutture architettoniche ad eccezione dei
"Magazzini generali specchi, cristalli e vetri", attualmente
non più esistenti, edificati tra la via Ostiense, via della Stazione
Ostiense e l'area dei mercati generali.
Di concerto con lo sviluppo del quartiere industriale
inizia nel 1907 la costruzione del quartiere operaio di San Saba, ad opera
dell'I.C.P. San Saba resta ancor oggi, sul piano dell'edilizia popolare,
uno dei pochi esempi romani di livello internazionale.
L'attività della Giunta Nathan non si
limitò soltanto alle realizzazioni nel quartiere industriale, ma
nello spirito dell'art. 2 della L. 116/1908 avviò lo sviluppo dell'Agro
lungo la via Ostiense fino al mare. A tal fine va ricordato il progetto
ferroviario Roma - Mare che avrebbe consentito lo sviluppo economico ed
industriale del litorale romano, progetto già perorato dal Comitato
Pro Roma Marittima e che anche questa volta non ebbe molta fortuna. Trovò
invece realizzazione, nel 1913, il programma di costruzione di una borgata
rurale ai monti S. Paolo, sulla via Ostiense. Il borgo dotato di scuola,
stazione sanitaria, ufficio postale e caserma dei carabinieri era previsto
per 48 famiglie ad ognuna delle quali spettò un lotto di mezzo ettaro
di terreno coltivabile. Si trattava indubbiamente di un appezzamento troppo
esiguo per soddisfare i bisogni familiari, infatti la stessa amministrazione
capitolina tenne a precisare di: "Assicurare a ciascuna abitazione
una quantità di terreno che - tenuto conto delle piccole industrie
accessorie - teoricamente possa essere suscettibile di una produzione sufficiente
a compensare l'ammontare dell'affitto". La realizzazione della
borgata quindi rientrava in una dialettica più ampia, non limitata
al semplice insediamento rurale, infatti le piccole dimensioni degli appezzamenti
ed il "tener conto delle piccole industrie accessorie"
confermano la volontà della Giunta cittadina di creare un rapporto
sinergico con la progettata ferrovia, il cui tracciato correva tangente
alla borgata, finalizzato a valorizzare le aree espropriate dal Comune
ai sensi della L. 116/1908 nella speranza futura di una loro trasformazione
industriale.
Si può quindi dire che l'attività
svolta dalla Giunta Nathan nel periodo 1907 - 1913 sviluppò in modo
notevole la vocazione industriale della via Ostiense non solo tramutando
in realizzazioni concrete i progetti del passato ma gettando, attraverso
l'opera di valorizzazione dell'agro romano in direzione del mare, i presupposti
per ulteriori sviluppi futuri.
Il 30 giugno 1918 il Decreto Legge Luogotenenziale
n. 1069 rendeva esecutiva la convenzione tra Stato ed Amministrazione municipale
per la realizzazione di un porto ad Ostia Nuova, dichiarando
all'art. 2, di pubblica utilità le opere per la creazione dell'annessa
zona industriale e del quartiere urbano. Si trattava di un nuovo punto
a favore del progetto di rinascita del litorale romano sostenuto da Paolo
Orlando che firmò la convenzione in qualità di assessore
per l'Agro romano della giunta Colonna. La direttiva fu perfezionata dal
Decreto Legge Luogotenenziale n. 304 del 23 febbraio 1919 Nasceva così
lo S.M.I.R. (Ente autonomo per lo sviluppo marittimo ed industriale di
Roma) la cui presidenza fu affidata allo stesso Orlando . Il Decreto, inoltre,
determinava un ulteriore ampliamento della zona industriale, che andava
ad aggiungersi a quella, già ampia, prevista dal piano regolatore
del 1908. Erano previste tre aree: la prima zona industriale che ricalcava
i limiti di quella prevista dal piano del 1908; la zona industriale intermedia
lungo la via Ostiense ed il Tevere fin quasi ad Ostia antica; la terza
zona industriale che interessava il litorale.
L'Ente, che nel suo settantennio di vita avrebbe
dovuto realizzare e gestire un notevole numero di opere, ebbe in realtà
vita breve cessando la sua attività nel 1923 a seguito della politica
di scioglimento degli Enti Autonomi varata dal governo fascista.
Nell'espletamento dei propri compiti l'Ente
conseguì l'indubbio vantaggio offerto dall'opera svolta dalle passate
Amministrazioni municipali, infatti, come ci ricorda lo stesso Orlando:
" ...trovò pronti i progetti delle opere e le concessione governative
per la loro costruzione. Ereditò dal Comune i terreni espropriati
od acquistati nel quartiere San Paolo, quelli lungo il tracciato della
ferrovia, tutta la zona marina tra il Tevere ed il Canale di Fusano, nonché
la già costruita borgata Acilia ai monti di San Paolo, già
fondata Ostia Nuova e iniziata la costruzione della ferrovia".
Opera centrale del programma di Paolo Orlando
era la creazione di Ostia Nuova. Questa era stata ufficialmente istituita
dall'art. 11 della legge 502/1907, ma solo nel 1914 fu realizzato il primo
chilometro di lungomare per volontà di Orlando nelle vesti di Assessore
all'Agro romano. Nel novembre del 1920 fu inaugurato il primo edificio
in muratura, l'ospizio marino, creato per accogliere i bambini poveri,
bisognosi del clima marino. A questo primo manufatto seguirono fino al
1923, anno di scioglimento dell'Ente, altre costruzioni per un totale di
130 edifici e sette chilometri di strade.
Altra opera che lo S.M.I.R. ereditò
in fase di realizzazione era la ferrovia. Nel 1921 avveniva l'allaccio
dei due tronchi ferroviari che inaugurava simbolicamente l'unione della
città al mare. L'effettiva
entrata in servizio della linea avvenne solo nel 1924 a causa dei ritardi
dovuti alla mancanza di fondi in cui si trovava lo S.M.I.R. e che non permisero
una celere realizzazione di tutte le infrastrutture ferroviarie. Non ebbero
pari fortuna le opere portuali che avrebbero consolidato la vocazione industriale
di Ostia Nuova ed incrementato quella dell'Ostiense. Il progetto portuale
prevedeva la creazione di un avamporto difeso da dighe, da una darsena
interna e da un canale navigabile di collegamento con il porto interno
da realizzare presso la Basilica di S. Paolo. I
lavori cominciarono nel giugno del 1920 con lo sbancamento della duna che
avrebbe dovuto lasciare il posto alla darsena. Nel 1922 i lavori furono
sospesi ufficialmente per mancanza di denaro ma "... forse per
l'opposizione di determinati ambienti economici che trovarono pronta eco
nel Senato". L'Ente, di concerto con l'I.C.P. realizzò
nel 1920 sulla collina della Garbatella il quartiere "Concordia".
La borgata nacque inizialmente per ospitare le famiglie degli operai impegnati
nelle industrie della via Ostiense. La toponomastica del quartiere è,
dedicata essenzialmente a personaggi legati al mondo navale. Tale scelta
toponomastica è indicativa della vocazione marinara che si voleva
dare alla zona con la progettata costruzione del porto interno nei pressi
della basilica di S. Paolo.
Il Quartiere realizzato inizialmente con tipologia
edilizia a villini, rispondeva al modello delle "Garden Cities"
inglesi, mentre gli edifici costruiti successivamente al 1923 sono riconducibili
al fenomeno delle "case rapide", edifici "provvisori"
ed economici per i senza tetto. Dopo il 1927 trionfa, invece, la tipologia
degli "alberghi collettivi", con servizi in comune, veri e propri
dormitori pubblici, per ospitare gli sfrattati vittime degli sventramenti
attuati nel centro storico.
Altra opera dello S.M.I.R. fu, sempre nei pressi
della Basilica di San Paolo, la realizzazione del piccolo
borgo di Grotta Perfetta dove l'Azienda tramviaria municipale realizzò
il deposito delle vetture e le abitazioni per i dipendenti.
A questo punto è doveroso tracciare
un bilancio dei quattro anni di attività dello S.M.I.R. Nato sulla
spinta degli eventi bellici che imponevano un maggiore sviluppo industriale
lontano dalla zona di guerra, l'Ente durante i suoi quattro anni di attività
non raggiunse gran parte degli obiettivi prefissati dalla legge; come la
realizzazione di tutte le opere portuali e di navigabilità interna,
così come mancò il decollo industriale di quelle aree indicate
dal decreto legge ed individuabili sulla planimetria come "seconda
e terza zona industriale". L'Ente quindi, portando avanti la realizzazione
ferroviaria e gettando le basi del centro di Ostia Nuova, svolse essenzialmente
opera di urbanizzazione e valorizzazione della costa, rivestendo il ruolo
di "cavallo di Troia" di quei gruppi economici interessati ad
uno sviluppo edilizio residenziale dell'area a sud-ovest della città.
A tale proposito va ricordata la realizzazione nel 1928 della cosidetta
"autostrada", in sostituzione della vecchia via Ostiense, e che
collegava la città al borgo di Ostia Nuova correndo parallela alla
ferrovia entrata in funzione solo da pochi anni. E' senza dubbio singolare
il raddoppio delle vie di comunicazione con la costa dopo lo scioglimento
dello S.M.I.R., ed il conseguente azzeramento di ogni progetto di sviluppo
industriale, che avrebbe potuto giustificare una così imponente
rete di comunicazione tra la città e la sua modesta borgata marina.
Nel giugno 1936 viene accolta dal Bureau International
des Expositions la domanda italiana di organizzare l'esposizione universale
per l'anno 1941. La data dell'evento successivamente slittò all'anno
1942 coincidendo con il ventennale del regime. L'operazione E42
fu il risultato di un insieme di decreti legislativi che permisero di espropriare
un'area molto più vasta di quella direttamente occupata dall'Esposizione,
si trattava di un progetto di sviluppo urbanistico non legato alla temporaneità
dell'Esposizione, infatti ciò che qualificò l'operazione
Eur fu il fatto che essa segnasse la direttiva dell'espansione urbanistica
della città verso il mare. Non rimaneva altro che dichiarare ufficialmente
morta la zona industriale della via Ostiense e questo avvene con la Legge
6 febbraio 1941, n. 346 che istituiva una zona industriale nei pressi della
località Tor Sapienza - Grotte Celoni. Dopo settanta anni aveva
termine una esperienza che tra accellerazioni e frenate era comunque destinata
a lasciare il passo all'edilizia residenziale, unica industria trainante
della Roma post unitaria.
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