Genesi di un quartiere industriale.

Erano trascorsi solo pochi giorni dal 20 settembre 1870, quando la Giunta provvisoria di governo insediata dal Generale Cadorna nominò una commissione tecnica che si occupasse dei progetti di ampliamento della città. Il 10 novembre la commissione presentò alla Giunta provvisoria una relazione di massima dei lavori da eseguire, tra cui anche l'individuazione di un'area per le attività industriali: " ...volgeva l'attenzione su quel largo piano che intornia il monte Testaccio ...". Successivamente una nuova Commissione presentò la propria relazione per la stesura del piano regolatore, ribadendo ed ampliando quanto già previsto "Oltre l'attuale stazione delle ferrovie dovrà prevedersi altra nella località di Testaccio, specialmente, destinata al servizio merci, intorno la quale verranno a stabilirsi i magazzini generali, i depositi delle principali derrate e vettovaglie, il Campo Boario, i Pubblici Macelli, ed ogni altra dipendente costruzione, nonché le industrie affini, Questo quartiere, opportunamente segregato dal resto della Città ed in immediato contatto delle vie di terra e di acqua, avrà nondimeno facili comunicazioni colla parte centrale ...". I lavori delle Commissioni sfociarono, infine, nel progetto definitivo del piano regolatore, redatto dall'Ingegnere Alessandro Viviani, che per quanto riguarda la zona industriale, ribadiva quanto emerso nelle precedenti relazioni. Il nuovo piano presentato al Consiglio Comunale il 9 luglio del 1873, fu approvato, dopo pochi mesi di dibattito, dall'assemblea capitolina ma non fu mai convertito in legge dello stato.

La preferenza dell'area del monte Testaccio, posta a sud-ovest rispetto al centro cittadino, può sembrare, a prima vista, contrastante con la tendenza del momento che privilegiava l'espansione cittadina verso est. Era una scelta che affondava le sue radici storiche nella continuità ideale con il mondo romano, poiché localizzando la nuova zona industriale sulle stesse aree dell'Emporium e del Porticus Aemilia, avrebbe creato un ulteriore elemento di contrapposizione ideale della nuova Roma alla vecchia Roma dei Papi. Ma non fu certo questo il motivo determinante. Sotto l'aspetto morfologico, la grande area pianeggiante entro le mura aureliane, occupata prevalentemente da vigne e scarsamente abitata, delimitata ad ovest dal fiume Tevere e da est verso sud dalle vie Marmorata ed Ostiense, si prestava ottimamente alla realizzazione di un insediamento industriale. Inoltre c'erano le infrastrutture ereditate dal vecchio regime pontificio quali il porto di Ripa grande con l'arsenale, sulla riva destra del fiume, la ferrovia per Civitavecchia ed il ponte di Ferro girevole. Il Tevere, se ben utilizzato, poteva diventare insieme alla ferrovia ed alla via Ostiense, una fondamentale via di comunicazione. Questi elementi coniugati alla vasta area pianeggiante facevano si che la zona fosse particolarmente adatta allo sviluppo di un polo industriale cittadino. L'area si presentava inoltre idonea al trasferimento di quelle attività produttive inserite nel tessuto urbano e che ormai risultavano sconvenienti da mantenere nei loro siti d'origine. Era il caso dello stabilimento di mattazione sulla via Flaminia fuori porta del Popolo e delle concerie del rione Regola, presso il Tevere. La ricollocazione di queste due attività produttive nasceva da un duplice motivo: il primo è da ricercare nell'alto valore acquisito da quelle aree per l'edificazione residenziale, (va ricordato che la febbre edilizia cominciava a manifestarsi e che la città conosceva una espansione senza precedenti con una crescita esponenziale del valore dei terreni edificabili); l'altro motivo nasceva da esigenze igienico-ambientali. In effetti le due attività per le loro caratteristiche produttive rendevano maleodoranti le zone adiacenti ed il fiume, recando disagio alla popolazione ed al decoro della capitale. Testaccio per la sua vicinanza al Tevere ed essendo sotto corrente rispetto alla città, garantiva che le attività industriali lì impiantate non avrebbero coinvolto il centro cittadino con il lezzo dei residui produttivi. A fianco di queste scelte tecniche vanno anche messe in evidenza delle motivazioni politiche. Infatti nella relazione tecnica della terza Commissione si parla di "quartiere" opportunamente segregato dal resto della Città". Il carattere turbolento del popolo romano, il ricordo dei fatti di Parigi del 1871 consigliavano ai "vari governi succedutisi di non creare una forte concentrazione industriale, e quindi operaia, a Roma per mantenere un'atmosfera politicamente 'tranquilla' attorno alla sede del governo e delle Camere". Quest'ultimo motivo secondo Alberto Caracciolo fu anche "alimentato da persistenti gelosie municipali e da tendenze egemoniche della borghesia industriale di alcune regioni lontane da Roma".

Dopo dieci anni dalla stesura del piano regolatore del 1873, nonostante la felice localizzazione, l'area era ancora inutilizzata. C'era stato il tentativo da parte di un imprenditore, Picard, di avviare l'edificazione, ma nonostante la vantaggiosa convenzione stipulata con il Comune la questione si concluse con un nulla di fatto.

L'8 marzo del 1883 venne convertito in legge il nuovo piano regolatore. Anche al suo interno era previsto un articolo sulla realizzazione di un quartiere industriale, presso il monte Testaccio: "Chi osserva la topografia di Roma vede sulla sinistra del Tevere una pianura, compresa fra la via di Marmorata, il fiume e le mura urbane, dal fiume stesso alla porta S. Paolo, che si protende a sud-ovest della città, dalla estensione superficiale di oltre 56 ettari, sulla quale si eleva il noto monticello del Testaccio. L'eccentricità, la bassa giacitura, l'esposizione meridionale del luogo, hanno sconsigliato chiunque si occupò dell'ampliamento di Roma, di progettarvi un quartiere per civili abitazioni. Ma d'altra parte tutti vi hanno ravvisato condizioni speciali e felici, per impiantarvi con successo un quartiere industriale. Questo quartiere dovrebbe essere legato con binari di servizio alla prossima ferrovia, e con opportuni scali al corso navigabile del Tevere. Così per via di terra e di acqua si renderebbero economici i trasporti delle materie prime, e di quelle lavorate; (...) La contrada poi è abbastanza vasta per poterne lasciare una zona all'impianto di magazzini generali, ai depositi di alcune principali derrate e vettovaglie, e per costruirvi un nuovo mattatoio, (...) siccome un quartiere di un traffico rilevante non può scompaginarsi, perché prosperi, dal comodo di prossima dimora e di stabili abitazioni, in ispecie per la classe laboriosa, così un'altra zona, e la migliore, dovrebbe essere esclusivamente riservata alla fabbricazione di alberghi e di case civili ed economiche". Caratteristica di questo articolo del nuovo piano regolatore è la ricchezza dei particolari descrittivi, che lo rendono meno vago delle relazioni precedenti, inoltre ponendo l'accento su "opportuni scali al corso navigabile del Tevere" darà vita ad una "querelle" che caratterizzerà l'evoluzione della zona industriale di Roma negli anni a venire.

Nel 1883 la proprietà dei terreni del Testaccio, dopo una serie di acquisti e convenzioni con l'Amministrazione municipale, era in mano alla ditta Marotti che iniziò la vendita frazionata dei lotti a banche e privati. La profonda crisi attraversata dal settore edilizio in quegli anni impedì la completa realizzazione delle opere, infatti dopo venticinque anni il quartiere operaio era ancora incompleto.

Diverso fu invece l'iter per la costruzione del mattatoio che si risolse in poco tempo. Il progetto fu affidato all'architetto Gioacchino Ersoch e l'esecuzione alla ditta Marotti, "il completamento dell'intero complesso fu possibile entro l'anno 1890, con un lieve ritardo rispetto alle previsioni iniziali". La modernità e l'efficienza delle sue attrezzature fecero del mattatoio una realizzazione d'avanguardia a livello europeo.

Altra opera che prese corpo fu la creazione del Quartiere delle Conce situato "Nel triangolo di terreno a destra di chi esce dalla Porta S.Paolo fra le mura della città, la ferrovia di Civitavecchia e la via Ostiense". Nel 1895 la zona presentava, comunque, ancora una marcata vocazione agricola.

Il mancato decollo industriale della zona non poteva essere scisso dallo sfruttamento economico del Tevere. L'accento sulla questione fu posto intorno agli anni 1895 - 1896 con una serie di dibattiti ed iniziative miranti alla creazione di un porto, intorno al progetto del conte Cozza, basato sullo sfruttamento del litorale a sud delle foci del Tevere e che trovò il suo humus nel particolare periodo di depressione economica e di delusione per la crisa edilizia e il conseguente fallimento di molte imprese. Il progetto estremamente esoso fu portato avanti da due banchieri, l'inglese Margowski ed il belga André, che richiesero al governo garanzie e sussidi finanziari, ma questi visto l'eccessivo onere delll'impresa, dopo il dibattito sul bilancio dei lavori pubblici lasciò cadere il tutto, spinto anche dall'emergere di forze contrarie al porto di Roma, ispirate anche dagli interessi di circoli industriali e commerciali rivali. Le speranze per un porto di Roma saranno ravvivate da li a pochi anni per opera di Paolo Orlando, che farà dell'idea del porto di Roma e della valorizzazione industiale della capitale, la sua principale attività, che ebbe inizio con la fondazione del Comitato Pro Roma Marittima (P.R.M.) nel 1903. Gli scopi del comitato P.R.M. nel suo primo anno di attività furono secondo Orlando principalmente tre: "il primo e più semplice, quello di prolungare sino al mare la via Ostiense; l'altro, di esito assai incerto, di recuperare al demanio l'arenile tra la foce del Tevere e quella del canale di Fusano; il terzo, di importanza risolutiva, ma lontano a raggiungersi e per cui tanti pionieri avevano invano sacrificato i loro sforzi, quello di collegare la città al lido ostiense per mezzo di una ferrovia". I primi due obiettivi furono facilmente raggiunti: il prolungamento della via Ostiense fino al mare fu ultimato il 5 maggio 1907 "Risolvetti la situazione col far considerare dal Ministero dei Lavori Pubblici il breve prolungamento come strada di bonifica e quindi di competenza dello stato"; il secondo obiettivo fu raggiunto grazie alla legge n. 502 del 1907. Invece il progetto di collegamento ferroviario, prima della sua realizzazione, subì varie vicissitudini che saranno argomento di discussione successiva. A fianco di questi obiettivi iniziali andava posto il più ambizioso progetto del porto di Roma sul litorale ostiense che fino al 1918 non ottenne sostanziali consensi e che fu giudicato dal Capo del Governo Giovanni Giolitti in un quesito postogli dalla Commissione parlamentare del Bilancio il 27 aprile 1907 "opera non utile, né opportuna".

Se Giolitti era contrario alla costruzione di un porto sul litorale romano non lo era certo per uno sviluppo della città verso la costa che si realizzò grazie alla legge n. 502 del 1907 "portante provvedimenti per la città di Roma" Tale legge avrebbe dovuto principalmente, nell'intenzione del legislatore, sbloccare il mercato dei terreni in mano agli speculatori e permettere al contempo la creazione di un demanio comunale espropriando aree per interesse collettivo ad un prezzo proporzionale al valore dichiarato dai proprietari ai fini fiscali e di avviare, di conseguenza, la politica di municipalizzazione dei pubblici servizi. Si trattava di provvedimenti audaci che avrebbero avuto bisogno per la loro realizzazione di una Giunta Municipale vicina al capo del governo. Caracciolo evidenzia tale possibilità nei riguardi del "Blocco popolare" capeggiato da Ernesto Nathan che risultò vittorioso alle elezioni municipali di Roma nel novembre 1907".

Questi dunque gli strumenti in mano alla nuova giunta Nathan, insediatasi alla fine del 1907 ai quali si aggiunsero le disposizioni della legge n. 116 del 6 aprile 1908, apportante modifiche ed aggiunte alla legge n. 502 dell'11 luglio 1907, che aumentava la superficie delle espropriazioni che avrebbero consentito lo sviluppo della città verso il mare.

Il piano regolatore del 1908 redatto dall'Ing. Edmondo Sanjust de Teulada, approvato con Regio Decreto n. 81 del 29 agosto 1909, ribadì la vocazione industriale di tali aree , comprese in un'ampia zona oltre le mura delimitata ad est dalla via Appia Antica, fino all'incrocio con la via Ardeatina, ed ad ovest dal Piano di Pietra Papa, fino al tracciato della ferrovia Roma - Pisa. Inoltre il redattore del piano indicava le aree previste dall'art. 2 della legge 116/1908 come le più favorevoli per ulteriori ampliamenti futuri. Poste queste premesse programmatiche la giunta Nathan si impegnò nella realizzazione dei vari obiettivi che determinarono sul territorio sostanziali trasformazioni le quali caratterizzano ancora oggi il paesaggio urbano.

Nello spirito dell'art. 2 della L. 502/1907 fu il progetto dell'Azienda Elettrica Municipale, fortemente voluta dall'Assessore ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, e che trovò realtà solo dopo una lunga mediazione con la Società Anglo Romana (azienda privata che gestiva la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica cittadina in regime di monopolio) conclusasi con una convenzione quinquennale tra Comune e S.A.R. mirante a calmierare i prezzi dell'energia elettrica ed a suddividere le aree di utenza. Localizzata la sede in via Ostiense la centrale termoelettrica comunale entrò in funzione il 1° luglio 1912. Altri progetti portati avanti dalla Giunta comunale furono: i mercati generali localizzati su una vasta area fuori Porta S.Paolo, ad est della via Ostiense, a circa 300 m. oltre il cavalcavia ferroviario la cui realizzazione fu notevolmente dilazionata nel tempo e fu conclusa solo nel 1922.

Queste opere portarono ad una trasformazione della viabilità sia stradale che ferroviaria, infatti la costruzione della nuova stazione Trastevere, ultimata nel 1911, comportò una risistemazione dei tracciati ferroviari e l'abbandono da parte delle Ferrovie dello Stato del ponte di S.Paolo. A spese del comune fu realizzato il nuovo Scalo del bestiame al Testaccio e gli accessi al ponte S.Paolo dalla Ostiense e la esecuzione dei lavori stradali sulla sede dei binari della Roma - Pisa, soppressi per effetto del nuovo tracciato. Di concerto con la ristrutturazione ferroviaria fu allargata la Ostiense a 40 metri dalla Porta alla Basilica di S.Paolo.

A fianco di queste realizzazioni comunali, vennero a svilupparsi proprio in quegli anni sull'area Ostiense delle industrie private, attratte dalla prospettiva di crescita industriale e commerciale della zona. La "Società colla e concimi" fu la prima ad insediare i propri stabilimenti sulla riva destra del Tevere, a questa fece seguito, sempre sulla sponda destra del fiume, la struttura dei "Mulini e Pastifici Biondi". La "S.A.R." invece spostò le proprie strutture dal Circo Massimo a fuori porta S.Paolo nei pressi della Centrale termoelettrica comunale. Nel 1909 i "magazzini generali" furono costruiti nei pressi del fiume vicino al nuovo porto fluviale, mentre nell'area adiacente furono edificate le strutture della "Società ferramenta Cantini" e della "Società romana formaggio pecorino". Queste aziende mostrano a tutt'oggi le loro strutture architettoniche ad eccezione dei "Magazzini generali specchi, cristalli e vetri", attualmente non più esistenti, edificati tra la via Ostiense, via della Stazione Ostiense e l'area dei mercati generali.

Di concerto con lo sviluppo del quartiere industriale inizia nel 1907 la costruzione del quartiere operaio di San Saba, ad opera dell'I.C.P. San Saba resta ancor oggi, sul piano dell'edilizia popolare, uno dei pochi esempi romani di livello internazionale.

L'attività della Giunta Nathan non si limitò soltanto alle realizzazioni nel quartiere industriale, ma nello spirito dell'art. 2 della L. 116/1908 avviò lo sviluppo dell'Agro lungo la via Ostiense fino al mare. A tal fine va ricordato il progetto ferroviario Roma - Mare che avrebbe consentito lo sviluppo economico ed industriale del litorale romano, progetto già perorato dal Comitato Pro Roma Marittima e che anche questa volta non ebbe molta fortuna. Trovò invece realizzazione, nel 1913, il programma di costruzione di una borgata rurale ai monti S. Paolo, sulla via Ostiense. Il borgo dotato di scuola, stazione sanitaria, ufficio postale e caserma dei carabinieri era previsto per 48 famiglie ad ognuna delle quali spettò un lotto di mezzo ettaro di terreno coltivabile. Si trattava indubbiamente di un appezzamento troppo esiguo per soddisfare i bisogni familiari, infatti la stessa amministrazione capitolina tenne a precisare di: "Assicurare a ciascuna abitazione una quantità di terreno che - tenuto conto delle piccole industrie accessorie - teoricamente possa essere suscettibile di una produzione sufficiente a compensare l'ammontare dell'affitto". La realizzazione della borgata quindi rientrava in una dialettica più ampia, non limitata al semplice insediamento rurale, infatti le piccole dimensioni degli appezzamenti ed il "tener conto delle piccole industrie accessorie" confermano la volontà della Giunta cittadina di creare un rapporto sinergico con la progettata ferrovia, il cui tracciato correva tangente alla borgata, finalizzato a valorizzare le aree espropriate dal Comune ai sensi della L. 116/1908 nella speranza futura di una loro trasformazione industriale.

Si può quindi dire che l'attività svolta dalla Giunta Nathan nel periodo 1907 - 1913 sviluppò in modo notevole la vocazione industriale della via Ostiense non solo tramutando in realizzazioni concrete i progetti del passato ma gettando, attraverso l'opera di valorizzazione dell'agro romano in direzione del mare, i presupposti per ulteriori sviluppi futuri.

Il 30 giugno 1918 il Decreto Legge Luogotenenziale n. 1069 rendeva esecutiva la convenzione tra Stato ed Amministrazione municipale per la realizzazione di un porto ad Ostia Nuova, dichiarando all'art. 2, di pubblica utilità le opere per la creazione dell'annessa zona industriale e del quartiere urbano. Si trattava di un nuovo punto a favore del progetto di rinascita del litorale romano sostenuto da Paolo Orlando che firmò la convenzione in qualità di assessore per l'Agro romano della giunta Colonna. La direttiva fu perfezionata dal Decreto Legge Luogotenenziale n. 304 del 23 febbraio 1919 Nasceva così lo S.M.I.R. (Ente autonomo per lo sviluppo marittimo ed industriale di Roma) la cui presidenza fu affidata allo stesso Orlando . Il Decreto, inoltre, determinava un ulteriore ampliamento della zona industriale, che andava ad aggiungersi a quella, già ampia, prevista dal piano regolatore del 1908. Erano previste tre aree: la prima zona industriale che ricalcava i limiti di quella prevista dal piano del 1908; la zona industriale intermedia lungo la via Ostiense ed il Tevere fin quasi ad Ostia antica; la terza zona industriale che interessava il litorale.

L'Ente, che nel suo settantennio di vita avrebbe dovuto realizzare e gestire un notevole numero di opere, ebbe in realtà vita breve cessando la sua attività nel 1923 a seguito della politica di scioglimento degli Enti Autonomi varata dal governo fascista.

Nell'espletamento dei propri compiti l'Ente conseguì l'indubbio vantaggio offerto dall'opera svolta dalle passate Amministrazioni municipali, infatti, come ci ricorda lo stesso Orlando: " ...trovò pronti i progetti delle opere e le concessione governative per la loro costruzione. Ereditò dal Comune i terreni espropriati od acquistati nel quartiere San Paolo, quelli lungo il tracciato della ferrovia, tutta la zona marina tra il Tevere ed il Canale di Fusano, nonché la già costruita borgata Acilia ai monti di San Paolo, già fondata Ostia Nuova e iniziata la costruzione della ferrovia".

Opera centrale del programma di Paolo Orlando era la creazione di Ostia Nuova. Questa era stata ufficialmente istituita dall'art. 11 della legge 502/1907, ma solo nel 1914 fu realizzato il primo chilometro di lungomare per volontà di Orlando nelle vesti di Assessore all'Agro romano. Nel novembre del 1920 fu inaugurato il primo edificio in muratura, l'ospizio marino, creato per accogliere i bambini poveri, bisognosi del clima marino. A questo primo manufatto seguirono fino al 1923, anno di scioglimento dell'Ente, altre costruzioni per un totale di 130 edifici e sette chilometri di strade.

Altra opera che lo S.M.I.R. ereditò in fase di realizzazione era la ferrovia. Nel 1921 avveniva l'allaccio dei due tronchi ferroviari che inaugurava simbolicamente l'unione della città al mare. L'effettiva entrata in servizio della linea avvenne solo nel 1924 a causa dei ritardi dovuti alla mancanza di fondi in cui si trovava lo S.M.I.R. e che non permisero una celere realizzazione di tutte le infrastrutture ferroviarie. Non ebbero pari fortuna le opere portuali che avrebbero consolidato la vocazione industriale di Ostia Nuova ed incrementato quella dell'Ostiense. Il progetto portuale prevedeva la creazione di un avamporto difeso da dighe, da una darsena interna e da un canale navigabile di collegamento con il porto interno da realizzare presso la Basilica di S. Paolo. I lavori cominciarono nel giugno del 1920 con lo sbancamento della duna che avrebbe dovuto lasciare il posto alla darsena. Nel 1922 i lavori furono sospesi ufficialmente per mancanza di denaro ma "... forse per l'opposizione di determinati ambienti economici che trovarono pronta eco nel Senato". L'Ente, di concerto con l'I.C.P. realizzò nel 1920 sulla collina della Garbatella il quartiere "Concordia". La borgata nacque inizialmente per ospitare le famiglie degli operai impegnati nelle industrie della via Ostiense. La toponomastica del quartiere è, dedicata essenzialmente a personaggi legati al mondo navale. Tale scelta toponomastica è indicativa della vocazione marinara che si voleva dare alla zona con la progettata costruzione del porto interno nei pressi della basilica di S. Paolo.

Il Quartiere realizzato inizialmente con tipologia edilizia a villini, rispondeva al modello delle "Garden Cities" inglesi, mentre gli edifici costruiti successivamente al 1923 sono riconducibili al fenomeno delle "case rapide", edifici "provvisori" ed economici per i senza tetto. Dopo il 1927 trionfa, invece, la tipologia degli "alberghi collettivi", con servizi in comune, veri e propri dormitori pubblici, per ospitare gli sfrattati vittime degli sventramenti attuati nel centro storico.

Altra opera dello S.M.I.R. fu, sempre nei pressi della Basilica di San Paolo, la realizzazione del piccolo borgo di Grotta Perfetta dove l'Azienda tramviaria municipale realizzò il deposito delle vetture e le abitazioni per i dipendenti.

A questo punto è doveroso tracciare un bilancio dei quattro anni di attività dello S.M.I.R. Nato sulla spinta degli eventi bellici che imponevano un maggiore sviluppo industriale lontano dalla zona di guerra, l'Ente durante i suoi quattro anni di attività non raggiunse gran parte degli obiettivi prefissati dalla legge; come la realizzazione di tutte le opere portuali e di navigabilità interna, così come mancò il decollo industriale di quelle aree indicate dal decreto legge ed individuabili sulla planimetria come "seconda e terza zona industriale". L'Ente quindi, portando avanti la realizzazione ferroviaria e gettando le basi del centro di Ostia Nuova, svolse essenzialmente opera di urbanizzazione e valorizzazione della costa, rivestendo il ruolo di "cavallo di Troia" di quei gruppi economici interessati ad uno sviluppo edilizio residenziale dell'area a sud-ovest della città. A tale proposito va ricordata la realizzazione nel 1928 della cosidetta "autostrada", in sostituzione della vecchia via Ostiense, e che collegava la città al borgo di Ostia Nuova correndo parallela alla ferrovia entrata in funzione solo da pochi anni. E' senza dubbio singolare il raddoppio delle vie di comunicazione con la costa dopo lo scioglimento dello S.M.I.R., ed il conseguente azzeramento di ogni progetto di sviluppo industriale, che avrebbe potuto giustificare una così imponente rete di comunicazione tra la città e la sua modesta borgata marina.

Nel giugno 1936 viene accolta dal Bureau International des Expositions la domanda italiana di organizzare l'esposizione universale per l'anno 1941. La data dell'evento successivamente slittò all'anno 1942 coincidendo con il ventennale del regime. L'operazione E42 fu il risultato di un insieme di decreti legislativi che permisero di espropriare un'area molto più vasta di quella direttamente occupata dall'Esposizione, si trattava di un progetto di sviluppo urbanistico non legato alla temporaneità dell'Esposizione, infatti ciò che qualificò l'operazione Eur fu il fatto che essa segnasse la direttiva dell'espansione urbanistica della città verso il mare. Non rimaneva altro che dichiarare ufficialmente morta la zona industriale della via Ostiense e questo avvene con la Legge 6 febbraio 1941, n. 346 che istituiva una zona industriale nei pressi della località Tor Sapienza - Grotte Celoni. Dopo settanta anni aveva termine una esperienza che tra accellerazioni e frenate era comunque destinata a lasciare il passo all'edilizia residenziale, unica industria trainante della Roma post unitaria.


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